Tutto per i bambini, di Delphine de Vigan
Una storia dal potenziale altissimo, quella di Tutto per i bambini.
Agli inizi del Duemila i reality cambiano il modo di fare televisione e Mélanie, che all’epoca è una ragazzina, rimane affascinata da quello che immagina essere un ambiente dove le competenze contano poco e l’apparenza tutto: lei è bella, giovane, e vuole che quel mondo fatto di successo e soldi facili sia suo. Ci prova e sembra quasi farcela, ma le luci per lei si spengono in fretta e la rigettano nell’anonimato dal quale è venuta.
Passano gli anni, i reality continuano a occupare i palinsesti televisivi ma sono nettamente superati da ciò che accade sui social, diventati il vero palcoscenico per la notorietà e la ricchezza. Mélanie è diventata grande, si è sposata e ha scelto di lasciare il lavoro per seguire i suoi figli che incontriamo quando hanno sei e otto anni; due bambini che ha fatto diventare star di YouTube attraverso l’apertura del canale Happy Récré, dove condivide la loro quotidianità fatta di spacchettamenti e scenette a misura di sponsor.
Tutto per i bambini
Il meccanismo che muove la famiglia felice che vive in un quartiere borghese di Parigi e accumula ricchezza però a un certo punto si inceppa, e questo accade quando Kim, la figlia di sei anni, scompare nel nulla facendo temere che le sia accaduto il peggio. I genitori piombano nello sconforto, così come l’altro figlio, Sam, ma insieme provano a resistere a questo colpo e a farsi coraggio nella speranza che la bimba torni a casa.
È a questo punto della storia che fa il suo ingresso Clara, una giovane poliziotta che ha un passato e delle prospettive molto diversi da quelli di Mélanie, e che si convince che dietro la scomparsa di Kim ci sia qualcosa che ha a che fare proprio con l’attività dei baby influencer.
Quel che accade da qui in poi ha a che fare con lo sviluppo del caso, ma è ciò che viene esposto nella prima parte che a mio avviso aveva un potenziale altissimo. Aveva, per l’appunto, perché il tema è attualissimo e ancora non del tutto approfondito, a partire dalle tutele per i minori esposti sul web, ma qui manca l’affondo.
Delphine de Vigan, che ho amato tantissimo in Le fedeltà invisibili, torna a esplorare il mondo dei ragazzi e lo fa partendo da una donna che è stata una giovane frustrata, e che da questa frustrazione si è affrancata realizzando il suo sogno passando però attraverso il corpo dei suoi figli. L’asticella era altissima, i riferimenti all’attualità molto potenti, il ragionamento su come e fino a che punto si possa disporre delle altre persone, anche e soprattutto quando si tratta di figli minorenni, ben avviato.
Però si è fermata in superficie. Di tutta la trama rimane l’esigenza di porsi domande che hanno probabilmente più di una risposta, e questo va bene, ma rimane anche il vuoto di un racconto che abbia fino in fondo il coraggio di esplorare le relazioni che mettono in discussione l’essere umano. Ci sono dei passaggi nei quali i bambini sentono di non essere buoni bambini, magari bravi sì, ma buoni no, e altri nei quali si evince come l’identità del singolo possa avere un potere enorme su quelle degli altri. Molti spunti, appunto, che avrei voluto poter guardare più da vicino. Questo è uno di quei libri rispetto ai quali non c’è un unico punto di vista, e che, per usare un’espressione che un amico e io ci siamo inventati in un giorno strano, è un sì ma boh.
de Vigan, Delphine, Tutto per i bambini, Einaudi, traduzione di Margherita Botto, 2022, pp. 296, euro 19,00
Delphine de Vigan, ha esordito come scrittrice in Francia nel 2001. Con Mondadori ha pubblicato i romanzi Gli effetti secondari dei sogni (Prix des Libraires al Salon du Livre, 2008) Le ore sotterranee (2010), Niente si oppone alla notte (2013), Giorni senza fame (2014), Da una storia vera (Premio Renaudot e Premio Goncourt dei licei, 2016). Per Einaudi è uscito nel 2018 Le fedeltà invisibili.