Cirkus Columbia, di Ivica Đikić
Questa è una storia semplice pur parlando di guerra e leggendola mi sono chiesta se anche la guerra, in fin dei conti, sia una questione semplice. Semplice, non facile.
Mi sono chiesta se quello che nell’immaginario collettivo viene identificato come uno strumento di distruzione orrendo rivolto a uomini e cose, non sia in realtà riconducibile a un ingenuo e ancestrale istinto di conquista.
Bosnia Erzegovina, 1991.
Divko Buntić torna nella cittadina che lasciato molti anni prima per cercare fortuna in Germania; torna ricco, insieme a una giovane moglie e a un gatto nero, Bonny, che esibisce come un trofeo.
Lì, nei luoghi della sua giovinezza, ritrova il figlio Martin e la donna col quale lo ha messo al mondo venticinque anni prima, abbandonata a sé stessa e ai suoi mostri.
Divko Buntić entra in città come un imperatore, assicurandosi che tutti assistano a quel momento trionfale, ma la nobiltà d’animo non si compra col denaro e ben presto i suoi istinti più torvi tornano a galla.
Cirkus Columbia
Inizia così Cirkus Columbia – in libreria per Bottega Errante – , con la storia di un ritorno che porta con sé cattivi presagi.
“La guerra cominciò durante l’ora di storia dell’arte. Entrò nella nostra classe verso le otto di quella tetra mattina, era un po’ nervosa e le mani le tremavano leggermente. […] Poi la guerra si propagò anche nelle altre classi e in breve tempo raggiungemmo tutti le nostre abitazioni, seri e silenziosi. Era il 2 aprile 1992. E nei banchi non ci tornammo fino all’inizio del nuovo anno scolastico”
Prima ancora della guerra, è la scomparsa del gatto Bonny a generare scompiglio; Divko promette molti soldi a chi lo troverà, ed è proprio dalla ricerca estenuante dell’animale che coinvolge tutti gli abitanti, che nascono gli intrecci narrativi che danno forma alla storia. Amore, sogni di gloria e clamorose disfatte si mescolano in una trama ricca e densa, dietro la quale si staglia l’ombra di una giostra a catenelle, uno strumento di gioia che nel suo moto perpetuo contiene però una triste profezia.
Ivica Đikić ha scritto un romanzo corale nel quale trovano spazio voci che hanno in comune la stessa cultura nazionalistica ma una visione diversa del futuro, ed è attraverso queste voci che prende forma una storia dolorosa ma a tratti ironica. Una storia semplice la guerra, si diceva, perché anche se pianificata dalle alte sfere della politica, alla fine ha a che fare con l’umanità genuina, quella dei borghi dove un gatto che sparisce diventa un dramma, dove una giostra funge da oblio, dove qualcuno fugge e qualcuno resta, dove c’è la vita, qualunque cosa significhi.
Đikić, Ivica, Cirkus Columbia, Bottega Errante, 2019, traduzione di Silvio Ferrari, pp. 2018, euro 16,00
Ivica Đikić è nato a Tomislavgrad, è giornalista e scrittore. Tutto ciò che ha scritto si basa su fatti storici, su persone e vicende reali su cui costruisce una narrazione in forma letteraria.