Il cacciatore di anime, di Romano De Marco
Che Romano De Marco ami Peccioli è evidente fin dalle prime righe de Il cacciatore di anime, in uscita oggi per Piemme, una storia molto nera che però non altera la bellezza di un luogo e l’umanità di chi lo abita e anzi, le restituisce con forza al lettore.
Peccioli è un paese arroccato sulle colline pisane, uno di quei posti dove il colore della terra si riflette sui muri in pietra delle case, dove la vita scorre tranquilla ma non per questo pigra e dove chi si vuole nascondere non immaginerebbe mai di essere trovato.
Mauro Rambaldi è un capitano del reparto operativo dei Carabinieri che nella sua carriera ha già collezionato dei successi importanti grazie alla sua tenacia e al suo spiccato intuito, ma a Peccioli si trova di fronte a qualcosa che lo inquieta nonostante l’esperienza: Roberta Savio, custode del museo cittadino, viene infatti ritrovata morta ammazzata proprio all’interno delle sale che conosceva così bene, e il modo in cui il cadavere è posizionato ricorda i resti di una sepoltura femminile che proprio lì vengono conservati.
Il cacciatore di anime
Quello della giovane è un omicidio messo in scena, ma Rambaldi forte delle sue capacità investigative conta di riuscire a scoprire presto movente e identità dell’assassino, e di poter poi lasciare il paese per raggiungere Roma dove lo aspetta il suo nuovo lavoro al comando generale. Quello che il capitano ancora non sa, è che tra i vicoli silenziosi si nascondono molti segreti, e occhi che lo seguono in ogni suo passo.
Prima regola: scavare nella vita della vittima, scoprirne gli eventuali lati oscuri senza tralasciare alcun particolare, e se non si trova niente bisogna scavare di più, e più a fondo perché qualcosa c’è sempre. Sempre.
Eppure Mauro Rambaldi sembra girare a vuoto; a Peccioli trova l’appoggio delle forze dell’ordine locali, della direttrice della fondazione che gestisce il museo, di una ricercatrice brillante e perfino di un giornalista impiccione che immagina possa tornargli utile. Ma non basta, e il capitano si sente nudo.
Una giovane ha perso la vita, due genitori una figlia, e sembra solo l’inizio. Rambaldi ha bisogno d’aiuto e quell’aiuto non può arrivare dalle fonti ufficiali, bisogna spingersi un po’ oltre e correre un rischio, quello di coinvolgere nelle indagini qualcuno che molto tempo prima si è occupato di serial killer perché per l’appunto, l’omicidio di Roberta Savio è solo l’inizio.
Teso e avvincente, Il cacciatore di anime è un thriller psicologico che si legge d’un fiato e nel quale arte e tormento si mescolano in una danza oscura dal finale imprevedibile attraverso una trama mai scontata e che approfondisce, probabilmente più di ogni altro lavoro di De Marco, l’aspetto emotivo dei personaggio. Consigliato a chi ha voglia di guardare oltre l’apparenza.
De Marco, Romano, Il cacciatore di anime, Piemme, 2020, pp. 288, euro 17,50
Romano De Marco, classe 1965, è responsabile della sicurezza di uno dei maggiori gruppi bancari italiani. Esordisce nel 2009 nel Giallo Mondadori con Ferro e fuoco, ripubblicato in libreria nel 2012 da Pendragon. Nel 2011 esce il suo Milano a mano armata (Foschi, Premio Lomellina in Giallo 2012). Con Fanucci pubblica nel 2013 A casa del diavolo e con Feltrinelli Morte di Luna, Io la troverò e Città di polvere (gli ultimi due finalisti al Premio Scerbanenco-La Stampa nel 2014 e nel 2015). I suoi racconti sono apparsi su giornali e riviste, tra cui “Linus” e il “Corriere della sera”, e i periodici del Giallo Mondadori. Vive tra l’Abruzzo, Modena e Milano. Per Piemme ha pubblicato L’uomo di casa (2017) e Se la notte ti cerca (2018) e Il cacciatore di anime (2020)