Le farfalle di Sarajevo, di Priscilla Morris
Le farfalle di Sarajevo è un romanzo che si presta a una duplice lettura.
Chi è sufficientemente documentato sui fatti che hanno caratterizzato la guerra in Bosnia ed Erzegovina dal 1992 al 1995, e conosce il substrato culturale, sociale e politico che l’ha preceduta, avrà modo di lasciarsi condurre nelle pieghe della storia romanzata.
Chi invece ha nulla o scarsa contezza di quegli eventi troverà anche gli elementi sufficienti per ricostruire il contesto storico nel quale si svolge la narrazione, e probabilmente anche molti stimoli a cercare ulteriore documentazione.
Sarajevo, qualche settimana prima del 5 aprile 1992 – In un quartiere residenziale della città vivono Zora Kočović, un’appassionata pittrice e insegnante all’accademia di Belle arti, il marito Franjio, giornalista in pensione, e la di lei anziana madre che ama trascorrere con loro i mesi invernali per tornare poi nel suo appartamento con l’arrivo della buona stagione. Oltre la Manica si è invece stabilita Dubravka, la figlia della coppia che vive in Inghilterra.
Le farfalle di Sarajevo
A marzo del 1992 la Bosnia si dichiara ufficialmente indipendente dall’ormai ex Jugoslavia, pronta a intraprendere un percorso politico autonomo, ma il percorso di transizione è teso e i nazionalisti insorgono rapidamente. L’aria su Sarajevo è pesante, cominciano i primi scontri e i rifugiati iniziano a occupare gli appartamenti sfitti, eppure sono molti i cittadini che si convincono che la città non cadrà in guerra, forte della storica convivenza pacifica tra le diverse nazionalità; tra di loro c’è Zora, serba bosniaca, che al contrario del marito e della madre non sente l’esigenza di abbandonare il Paese per raggiungere la figlia in Inghilterra, cosa che invece fanno loro.
Zora pensa di avere tempo, lei che è cresciuta in una casa che “si trova nella parte vecchia della città, affacciata da un lato sulla Chiesa ortodossa vecchia e dall’altro verso la cupola della moschea Gazi Husrev-beg e i tetti rossi del bazar, il bazar della Baščaršija” da dove, se allungava il collo, si riesce “appena a scorgere il campanile quadrato della cattedrale cattolica”.
E invece non c’è tempo, perché quello che passerà alla storia come l’assedio di Sarajevo è già lì, e ha le sembianze dei cecchini che dalle colline puntano le loro armi sui civili facendo una strage di vite, di pasti che dipendono dagli aiuti umanitari, delle abitazioni sventrate da granate, colpi di mortaio, proiettili, bombe. Ha gli occhi dei giovani che non possono più studiare, il colore del fuoco che incendia la biblioteca, il sapore della fame, la consistenza del ghiaccio che corrode i corpi che non hanno di che scaldarsi.
Ma ha anche il calore della vicinanza, di quella spinta vitale che fa credere che l’umanità possa vincere, e che fa sì che le famiglie non siano più solo quelle d’origine ma quelle che si formano per necessità prima e per volontà poi: perché da soli si può essere forti, ma insieme si può essere grandi anche quando il mondo per come lo si conosceva sta crollando. Zora sperimenta la forza della comunità insieme ai suoi vicini, insieme a chi come lei ha deciso di restare perché i muri possono anche venir distrutti, ma la casa rimane, è quel luogo dove certe volte si vuole tornare, altre semplicemente stare. E la casa sono le vie, gli sguardi delle persone, i panorami che anche se mutilati rimandano a qualcosa che ci appartiene, che vogliamo riconoscere ancora.
Le farfalle di Sarajevo, di Priscilla Morris, è in libreria per Neri Pozza, e il fatto che si basi su una documentazione testimoniale precisa offre sicuramente una verità storica puntuale. Quello che però la storia non può fare, e che solo l’occhio attento di un osservatore può restituire, è il modo in cui la vita popola quella storia. E Morris è molto brava a gettare lo sguardo in quella direzione, supportata nella narrazione allo spazio importante che riserva all’arte pittorica, alla lettura, alla scrittura, a quelle azioni cioè che rimandano al concetto primordiale di bellezza e di grandezza, e che pare salvino, se non il mondo, l’animo degli esseri umani.
Morris, Priscilla, Le farfalle di Sarajevo, Neri Pozza, 2023, traduzione di Alba Bariffi, pp. 240, euro 18,00