Le nuove eroidi, di AA. VV.
Ovidio scrisse Le eroidi all’incirca tra il 25 e il 16 a.C., immaginando quello che le eroine del mito greco avrebbero potuto scrivere ai loro innamorati.
Qualche secolo dopo, otto autrici italiane hanno scelto di reinterpretare liberamente l’opera classica dando nuova voce a questi personaggi femminili che si muovono agevolmente tra antichità e modernità.
Le nuove eroidi, in libreria per HarperCollins, contiene otto epistole per altrettante eroine, scritte dalle valorose Ilaria Bernardini, Caterina Bonvicini, Teresa Ciabatti, Antonella Lattanzi, Michela Murgia, Valeria Parrella, Veronica Raimo e Chiara Valerio.
Schierate come il più impavido degli eserciti e pronte a combattere contro l’oblio del mito, le scrittrici hanno prestato mente e cuore a Fedra, Didone, Ero, Laodamia, Deianira, Penelope, Elena e Medea, e l’hanno fatto trasportandole in epoche, situazioni e luoghi diversi da quelli nei quali erano comodamente collocate.
Le nuove eroidi
Tra le nuove eroidi si trovano madri, mogli, figlie, lavoratrici; analitiche o sognatrici, stanche o guerriere, queste donne raccontano la loro verità sull’amore. C’è chi, come Michela Murgia, sceglie di affidare alla sua Elena il compito di rivolgersi a Paride con una rinnovata maturità attraverso un lungo flusso di coscienza, e chi come Teresa Ciabatti ricorre a uno scambio di mail per raccogliere la disperata rassegnazione di Medea. Autrici di diversa sensibilità ma unite in un progetto al femminile che racconta molto del mondo maschile. Otto storie che meritano un’analisi approfondita dopo una prima godibile lettura perché è nei dettagli, tra le pieghe, che come spesso accade si incontrano gli stimoli più interessanti.
La lettera sulla quale mi soffermo è quella che Penelope scrive per mano di Caterina Bonvicini.
Ciao Ulisse, stavolta parto io. […] Ti ho lasciato soltanto un biglietto sul frigo perché quel poco tempo che avevo prima di prendere l’aereo lo dovevo dedicare alle mie paure. Meglio affrontarle a terra, mi dicevo, senza ingigantirle e senza trascurarle. Meritano grande rispetto, le paure. Tu eri meno urgente.
Bonvicini rovescia la prospettiva classica e anziché Ulisse fa partire Penelope. Non parte per la guerra, ma per dare aiuto a chi da una guerra sta scappando. La moderna Penelope infatti raggiunge Malta per imbarcarsi come chef sulla Open Arms, la nave che soccorre i migranti in mare. Sa che il viaggio sarà lungo e difficile, e che le capiterà di trovarsi di fronte a molte emergenze, ma sa anche che per resistere alle tempeste emotive ha una sola possibilità: avere fiducia nell’amore che sente, sia esso rivolto al prossimo o a suo marito.
Quanto è difficile avere a che fare con la storia, prima che diventi storia. Ma un giorno, Ulisse, potremo dire che non ci siamo tirati indietro. C’è chi sta a terra e chi sta in mare: conta ribellarsi, ovunque. Perché non ci sta bene quello che succede, non ci sta bene per niente. Amarsi di vicinanza o di lontananza è anche questo: trovare le coordinate insieme, come un solo radar. Qui no. Qui sì.
Questa lettera, che prende liberamente spunto dalla storia vera di Lorenzo Leonetti, proprietario di un ristorante che scelse di imbarcarsi su Open Arms, è il paradigma di quanto la realtà possa cambiare a seconda dei punti di vista, e quanta verità possa risiedere in ognuno di quei punti.
Penelope non è moderna perché si allontana da Ulisse, lo è perché in quel viaggio riesce a portare amore, e quell’amore anziché separare, avvicina.
AA.VV. Le nuove eroidi, HarperCollins, 2019, pp. 202, euro 17,50