L’educazione, di Tara Westover
Ci è voluto un po’ di tempo prima che riuscissi a scrivere di questo libro.
L’educazione, memoir di Tara Westover pubblicato in Italia da Feltrinelli, mi ha travolto come mai nessun testo aveva fatto, e ho atteso che i sedimenti emotivi lasciati da questo fiume in piena trovassero un logo sicuro su cui poggiare, prima di scegliere di raccontarli.
L’educazione
Idaho. Faye e Gene Westover vivono arroccati ai piedi del rilievo montuoso del Buck Peak. Sono mormoni anarco-survivalisti e crescono i loro sette figli seguendo rigorosamente i dettami del loro credo: i ragazzi non vanno a scuola e vengono istruiti maldestramente a casa, non hanno accesso a cure mediche e non hanno nemmeno un certificato che attesti la loro nascita.
Crescono così, a fianco di una madre levatrice che prepara rimedi curativi naturali, e di un padre che recupera metalli in un’enorme discarica a cielo aperto per poi rivenderli. Crescono osservando i genitori, aiutandoli nelle loro incombenze e seguendo i loro dettami, specialmente quelli del padre che, ossessionato dall’imminente fine del mondo, li spinge ad accumulare derrate alimentari, benzina e armi, e a tenere sempre vicino il sacco a pelo per poter fuggire in fretta e scampare all’abominio che colpirà tutti gli infedeli, tutti quelli che ingannati dal materialismo vivono nel peccato e lontano dalle leggi di Dio.
Tara
Tara è la più piccola dei sette fratelli e fino a un certo punto della vita crede che la sua esistenza possa trovare ragione solo nelle regole impartitele. Eppure c’è qualcosa che vibra, che le fa immaginare che appena oltre i confini della sua famiglia ci sia un’altra realtà. Una realtà sconosciuta che le fa molta paura, ma che comincia ad aver voglia di scoprire.
C’è un passaggio chiave nel libro, che riguarda il momento in cui uno dei fratelli maggiori, Tyler, lascia Buck Peak per andare al college, tra lo sgomento e la disperazione di tutta la famiglia.
“Succede a volte nelle famiglie: c’è un figlio che non c’entra nulla, che segue un ritmo sbagliato, una metrica diversa. Nella nostra famiglia questo figlio era Tyler. Mentre lui ballava un valzer, noi saltellavamo una giga. Era sordo alla musica gracchiante delle nostre vite, e noi eravamo sordi alla tranquilla polifonia della sua”.
Questo giudizio di Tara sul fratello racchiude in sé la sensazione che qualcosa di simile, molto simile, possa capitare a lei. E così è.
Tara attraversa l’adolescenza sentendosi sempre più combattuta tra l’appartenenza ai luoghi e alle persone che hanno determinato la sua crescita, e la spinta a gettare lo sguardo altrove.
Quello sguardo lanciato oltre i confini della montagna le mostra di rimando anche una nuova visione della sua vita, come è stata, come è, e come rischia di diventare. Quello che comincia a vedere la spaventa: c’è un padre che ha una natura disturbata e vive di ossessioni che impone a tutta la famiglia, e una madre che pur avendo delle aperture diverse, non riesce a emanciparsi dal marito e a sostenere le scelte dei figli quando queste non corrispondono al disegno paterno.
E ci sono i fratelli, sei fratelli tra maschi e femmine nei confronti dei quali si sente spesso un’estranea. Tra loro c’è Shawn, l’adorato Shawn che per molto tempo è stato la sua guida, e che invece ora si rivela per la persona malata che è, preda di accessi d’ira, violento, folle.
“Mi ero resa conto che avevamo prestato le nostre voci a un discorso il cui unico scopo era quello di disumanizzare e abbrutire gli altri – perché era più facile alimentare quel discorso, perché conservare quel potere sembra sempre la strada migliore.
[…] ma capii una cosa: che se mi avevano chiamato Negra un miliardo di volte e avevo riso, adesso non potevo più ridere. La parola e il modo in cui Shawn la usava non erano cambiati; solo le mie orecchie erano diverse. Non sentivano uno scherzo. Quello che sentivano era un avvertimento, un richiamo che veniva da lontano, e che riceveva una risposta sempre più convinta: non avrei mai più accettato di essere un soldato in una guerra che non capivo”.
Tara lascia la sua casa, studia, si confronta con persone che le offrono punti di vista diversi che la fanno crescere. E tutto questo le costa caro, carissimo.
Perché in lei – perché in noi – c’è una doppia natura. C’è il desiderio di superare dei limiti, e la paura che questi limiti, una volta oltrepassati, creino una frattura insanabile con un passato che, per quanto lontano, ci ha determinato.
L’educazione è un libro che parla di coraggio, emancipazione, ma ancor più pone l’accento su quanto e cosa si sia disposti a lasciare alle spalle, per perseguire ciò che si crede giusto.
È un libro che parla a tutti noi, e che ha alla base il concetto di autodeterminazione.
Tara Westover è una ragazza che è diventata donna e ha imparato a vivere nel pieno rispetto della propria libertà attraverso lo strumento più importante che abbiamo a disposizione: la cultura intesa non solo come conoscenza, ma come l’aver cura della nostra crescita per darci una forma che si avvicini il più possibile all’idea che abbiamo di noi stessi.
Westover, Tara, L’educazione, Feltrinelli, traduzione di Silvia Rota Sperti, 2018, pp. 380, euro 18,00
Tara Westover è nata in Idaho nel 1986. Dopo una laurea alla Brigham Young University, ha vinto una borsa di studio a Cambridge, dove ha conseguito un dottorato di ricerca in storia. Feltrinelli ha pubblicato L’educazione (2018), il suo primo libro.
3 commenti
Maria Elena
Mi piace il tuo approccio!!!
Eva Massari
Grazie! 🙂
Eva Massari
Frida ha ottimi gusti 🙂