L’ombra dello scorpione, di Stephen King
Giuro che ho provato a organizzare un post anche solo vagamente strutturato per scrivere de L’ombra dello scorpione, a mio parere uno dei capolavori di Stephen King, ma non ci sono riuscita e immagino dipenda dal fatto che anche solo pensare a questo libro mi crea della confusione perché è ricchissimo di tutto, ma proprio di tutto, e nell’avventurarmici ho provato un piacevole stordimento, come spesso capita coi libri del Re. E quindi procedo così, un po’ a caso in base a quello che mi viene in mente, che tanto poi l’idea è che vi venga voglia di leggerlo quindi quel molto che io non dirò lo troverete tra le pagine, e partendo dall’inizio della storia di questo libro che è stato scritto nel 1978 e ambientato nel 1990 ed era quindi distopico all’epoca della prima uscita mentre è quasi preistorico letto ai giorni nostri. O almeno lo è dal punto di vista cronologico, perché se ci si riferisce alla trama si trovano dei tratti che lo rendono a dir poco attuale.
Se vi dicessi che la storia inizia con una pandemia che condanna a morte quasi tutta l’America del nord e che ha come sintomi iniziali quelli simili all’influenza, pensereste di muovervi all’interno di un contesto che conoscete?
Ovviamente sì però, e lo chiarisco subito, le analogie tra quello che accade nelle oltre mille pagine e quello che sta accadendo nel mondo di oggi si fermano qui. O almeno spero.
L’ombra dello scorpione
Il virus che sta mietendo migliaia di vittime si chiama Captain Trips, ed è un’arma batteriologica sfuggita al controllo dei laboratori del governo statunitense che si sta propagando velocemente in tutto il nord America e, presumibilmente, in tutto il mondo a causa della sua capacità di mutare continuamente. Sono poche le persone immuni a questo virus, e sono accomunate dal sollievo per essere sopravvissute e dal terrore per quello che potrebbe riservare loro il futuro in un mondo dove tutti i parametri convenzionali sono saltati, dove la mancanza degli esseri umani fa sì che tutta la filiera dei servizi salti. Non c’è più chi rifornisce i supermercati, chi si occupa dell’acquedotto, chi dell’energia elettrica e così, a partire dalla base, l’intero sistema crolla.
I sopravvissuti raccontano un’umanità variopinta, vi si trovano infatti tra gli altri una studentessa che ha appena scoperto di essere incinta, un professore di sociologia, un cantante che ha appena scalato le classifiche, un piromane, un delinquente, un ragazzo sordomuto, un tecnico che lavorava in un’azienda che produceva calcolatori e un ragazzo telepatico. Non si conoscono e partono da luoghi diversi per cercarsi tra di loro, consapevoli del fatto che ci debbano essere altri superstiti, ma durante il viaggio cominciano a sentirsi attratti da due forze sovrannaturali che vedono in sogno: quella rassicurante e accogliente di Madre Abagail, una donna ultracentenaria che vorrebbe ricreare una società fondata sulla democrazia nella città di Boulder e che si dice guidata da Dio, e un uomo conosciuto come Randall Flagg che nella città di Las Vegas sta radunando i suoi adepti ed è guidato direttamente dal diavolo.
Si formano due schieramenti che sanno che dovranno scontrarsi, e che dagli esiti di quello scontro dipenderà il destino del mondo che potrà brillare di luce o sprofondare nel buio.
E quindi…
Scrivere di King significa forse non rendergli giustizia, perché un autore così non va raccontato, va letto per essere compreso nella sua rotondità. Nello specifico, L’ombra dello scorpione ha in sé molti temi affascinanti e che spingono a una continua riflessione. A parte il dualismo tra il bene e il male, e quello che comporta lo scegliere l’uno anziché l’altro, qui ci sono già alcuni degli argomenti che nel corso della sua enorme produzione diventeranno feticci: la difficoltà della crescita, il rapporto coi genitori, l’amore per la scienza e la tecnologia, la solitudine e la musica. C’è quel continuo tentativo di guardare oltre l’apparenza, la voglia di scoprire cosa c’è oltre al conosciuto anche se l’ignoto terrorizza, e l’incredibile meravigliosa sensazione che l’autore stesso scopra quello che accade insieme al lettore, come se già non conoscesse la fine della storia e il perché della storia. Solo King a mio parere riesce a farlo così bene, ed è anche uno dei pochi che può permettersi di farlo.
Per aggiungere bellezza sottolineerei che è evidente fin dall’inizio del libro che King abbia letto e amato Tolkien de Il signore degli anelli (a un certo punto lo cita esplicitamente e comunque questo gruppetto in viaggio verso il bene che sogna un occhio che inghiotte la luce ecco, non poteva che rimandare a Frodo & co.) ma anche molto Orwell di 1984, anche se il perché non lo posso dire perché rischierei lo spoiler.
Sono un’appassionata degli incipit di King, ma stavolta ad avermi colpita è il finale.
King, Stephen, L’ombra dello scorpione (The Stand), traduzione di Bruno Amato e Adriana Dell’Orto, edizione in copertina Bompiani, 2021, pp. 1148, euro, 20,00
Stephen King è autore di romanzi e racconti best seller che attingono ai filoni dell’orrore, del fantastico e della fantascienza, ed è considerato un maestro nel trasformare le normali situazioni conflittuali della vita – rivalità fra coetanei, tensioni e infedeltà coniugali – in momenti di terrore. Quando è ancora piccolo, sua madre deve far fronte a grandi difficoltà, perché il padre uscito di casa per fare una passeggiata non fa più ritorno. Nel 1962 inizia a frequentare la Lisbon High School e comincia a spedire i suoi racconti a vari editori di riviste, senza però alcun successo concreto. Conclusi gli studi superiori entra all’Università del Maine ad Orono, dove gestisce per un paio d’anni una rubrica all’interno del giornale universitario. Nel 1967 termina un primo racconto breve a cui fa seguito, qualche mese dopo, il romanzo La lunga marcia che riceve giudizi lusinghieri. Sottopone Carrie alla casa editrice Doubleday e ottiene un assegno di 2500 dollari come anticipo per la pubblicazione del romanzo.
A maggio arriva la notizia che la Doubleday ha venduto i diritti dell’opera alla New American Library per 400.000 dollari, metà dei quali spettano di diritto all’autore. Così, a ventisei anni, Stephen King lascia l’insegnamento per dedicarsi alla professione di scrittore. Da quel momento la sua carriera non avrà più interruzioni. Nel 1971 si sposerà con Tabitha, conosciuta due anni prima lavorando nella biblioteca dell’Università. Con un’operazione innovativa, il 14 marzo 2000 diffonderà esclusivamente su Internet il racconto Riding the Bullet. Nell’autunno dello stesso anno pubblicherà On writing: autobiografia di un mestiere, un’autobiografia e una serie di riflessioni su come nasca la scrittura. Tra i suoi libri più noti si ricordano Shining (1976; il film, del 1980, venne diretto da Stanley Kubrick); La zona morta (1979; versione cinematografica del 1983, per la regia di David Cronenberg); Christine la macchina infernale (1983; il film, dello stesso anno, è di John Carpenter); It (1986, il film è del 1990); Misery (1987; noto in Italia con il titolo Misery non deve morire, la pellicola è stata realizzata da Rob Reiner nel 1990), Mr Mercedes (2014). Tra gli altri ricordiamo: Cuori in Atlantide (2000), La casa del buio (2002), Notte buia, niente stelle (2010), Chi perde paga (2015), Fine turno (2016), The Outsider (2018), Elevation (2019), L’istituto (2019) e Later (2021). È del 2016 la nuova edizione aggiornata di Danse macabre, pubblicato da Frassinelli con l’introduzione e cura di Giovanni Arduino. A Stephen King è stata assegnata nel 2003 la National Book Foundation Medal per il contributo alal letteratura americana, e nel 2007 l’Associazione Mystery Writers of America gli ha conferito il Grand Master Award (bio tratta da ibs.it).