Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro. Un romanzo da Nobel
Quanto male è necessario, perché si possa fare del bene?
Si è fatto un gran parlare, negli ultimi mesi, di Kazuo Ishiguro.
Effetto Nobel? Ovviamente.
Non lasciarmi
Non è stata una sorpresa veder ricomparire, nella classifica dei libri più venduti, quello che è unanimemente ritenuto il suo lavoro più importante, ovvero Quel che resta del giorno, diventato anche un successo cinematografico grazie al film di James Ivory interpretato da Emma Thompson e Anthony Hopkins.
È stata invece una sorpresa ritrovare Gli inconsolabili, e ancor più Non lasciarmi, un romanzo pubblicato nel 2005 che mi aveva attratto per il titolo in perfetto stile anni Ottanta, e per la copertina dove i capelli di una ragazzina seguivano, così come la chioma dell’albero sullo sfondo, la direzione del vento e forse chissà, dei sogni. Un libro del quale ho continuato a rimandare la lettura fino a pochi giorni fa, quando l’effetto Nobel, anche se in differita, ha colpito anche me.
“Era come se qualcosa che era rimasto sospeso sopra di me fosse sparito, e anche se le cose non erano affatto risolte, provai la sensazione che almeno adesso si fosse aperto uno spiraglio verso un posto migliore. Non sto dicendo che fossi felice o qualcosa del genere […] ma in generale non era una tensione che mi metteva a disagio”.
In questo passaggio, uno dei più significativi, si riassume la poetica di Ishiguro, permeata di delicatezza anche quando affronta argomenti disturbanti.
Non lasciarmi è un romanzo in cui si mescolano ucronia e distopia; è la storia di Kathy, Tommy e Ruth, tre ragazzi senza famiglia cresciuti a Hailsham, un istituto della campagna inglese che però non è un orfanotrofio, ma un luogo dove bambini speciali vengono presi in carico da altrettanto speciali tutori, che li preparano a diventare donatori di organi.
La voce narrante, in prima persona, è quella di Kathy, che diventata ormai adulta ripercorre i fatti della sua fanciullezza legati prima all’infanzia in istituto, poi all’adolescenza nei Cottages, entrambi luoghi isolati dal mondo, deputati alla formazione e all’educazione di questi giovani esseri umani destinati a sacrificarsi per il bene. Ma di chi?
Una rigida educazione da una parte, e le pulsioni di tre adolescenti dall’altra. Il racconto di Kathy, pagina dopo pagina, racconta come l’essere umano, programmato per diventare qualcosa che qualcuno ha scelto di farlo diventare, non possa essere esente dal provare emozioni, e dalla tentazione di rovesciare il sistema pur di viverle.
L’amicizia, l’amore, la speranza, l’illusione e la delusione, sono sentimenti che i tre ragazzi hanno sottopelle, seppur in modi e con manifestazioni diverse.
Il lettore sa fin dalle prime pagine che Kathy, prima di diventare donatrice, ha assunto il ruolo di assistente, ma cosa questo significhi si scopre lentamente, e non senza sbigottimento.
Un romanzo, questo, che apre una finestra sul tema della scienza e del progresso scientifico da una parte, e su quanto e cosa l’uomo sia pronto a sacrificare, pur di salvare se stesso, dall’altra. Un romanzo importante, profondo, seducente.
Quanto male è necessario, dunque, perché si possa fare del bene?
Una risposta probabilmente non c’è, ma Ishiguro con la sua scrittura raffinata e gentile, riesce portare la questione a un livello di consapevole coscienza. Imperdibile.
Ishiguro, Kazuo, Non lasciarmi, traduzione di Paola Novarese, Einaudi, pp. 291, euro 12,00
2 commenti
Stefania
Grazie! E’ un po’ che “scruto” questo libro, incuriosita, affascinata, ovviamente influenzata dal, come dici tu, “Effetto Nobel”. Bene, mi stai convincendo! Ti farò sapere 🙂
Eva Massari
Ci conto 🙂